Le malocclusioni  dentoscheletriche sono patologie rappresentate dall’eccesso o dal deficit di crescita della mandibola o del mascellare superiore e dalla mancata proporzionalità tra l’arcata dentaria superiore ed inferiore, con conseguente alterazione dell’occlusione dentaria e dell’estetica del volto.

 

Tutto ciò può comportare la compromissione o l’alterazione di funzioni importanti quali la masticazione, la respirazione e la fonazione nonché problematiche psicologiche legate all’aspetto fisico.

 

Il trattamento di tali patologie prevede pertanto un approccio che tenga in considerazione sia l’aspetto funzionale che l’aspetto estetico.  La terapia deve dunque essere volta  al recupero di una corretta funzione e di proporzioni armoniche del volto. Tale fine viene perseguito grazie al ricorso alla cosiddetta chirurgia ortognatica che raggruppa tutte quelle tecniche chirurgiche finalizzate al corretto riposizionamento delle basi scheletriche e al recupero di un congruo rapporto dentario tra le due arcate.

 

La terapia chirurgica prevede però un trattamento “ortopedico” delle arcate dentarie che deve normalmente essere eseguito prima dell’intervento del chirurgo (ortodonzia pre-chirurgica),  ed eventualmente protrarsi anche dopo di esso (ortodonzia post-chirurgica). Tale trattamento viene eseguito attraverso apparecchiatura fissa ed ha come fine il riposizionamento degli elementi dentari  in una posizione che permetta la migliore occlusione dentaria possibile a seguito dell’intervento chirurgico.

 

La durata dell’ortodonzia pre-chirurgica è variabile, e può protrarsi per un arco di 4-6 mesi fino ad un anno, seguita da un ulteriore fase di ortodonzia post-chirurgica. Essa costituisce il più gravoso ostacolo psicologico per il paziente che vede peggiorare la sua situazione occlusale ed estetica durante il trattamento, tali alterazioni sono però funzionali all’esecuzione dell’intervento chirurgico e vengono da esso risolte.

 

Attualmente sono disponibili delle alternative a minor impatto estetico rispetto alla tradizionale terapia ortodontica e sono rappresentate dalla cosiddetta “ortodonzia invisibile”, come l’ortodonzia linguale e l’utilizzo di dispositivi trasparenti.

 

L’ortodonzia linguale prevede l’applicazione degli attacchi dell'apparecchio ortodontico sul versante posteriore (o linguale) del dente, rendendolo invisibile dall'esterno.
Elaborata per soddisfare esigenze di tipo estetico, l'ortodonzia linguale rende più accettabile il trattamento ortodontico. Può produrre alcune alterazioni fonetiche causate dall'impatto della lingua sugli attacchi ma che scompaiono dopo un breve periodo di adattamento.
Un altro tipo di “ortodonzia invisibile” prevede l’utilizzo di mascherine ed allineatori trasparenti. Si tratta di una ortodonzia estetica poiché le mascherine sono comunque visibili, anche se in misura minore rispetto ai tradizionali attacchi ortodontici fissi.

 

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L’approccio “surgery first”

consiste in una particolare strategia di pianificazione terapeutica di un paziente con alterazione dentoscheletrica, in base alla quale la chirurgia rappresente il primo tempo terapeutico a cui il paziente viene sottoposto e prevede l’applicazione dell’apparecchio ortodontico solo dopo il trattamento chirurgico e per un periodo estremamente più corto. Il principale vantaggio della “surgery first” è costituito dalla minore durata complessiva del trattamento e dall’eliminazione delle problematiche psicologiche legate alla fase di progressivo peggioramento estetico possibile durante il trattamento ortodontico pre-operatorio


Beautyfull Face Approach

Si tratta di un approccio più ampio con una particolare attenzione ad una riabilitazione estetica totale del volto.
E’ un approccio che va dunque oltre la sola chirurgia ortognatica e che fa ricorso anche a diverse tecniche chirurgiche cosiddette “ancillari” o “aggiuntive” volte al recupero estetico totale del viso come la genioplastica, la rinoplastica, la blefaroplastica. Altre tecniche prevedono anche la possibilità di ripristinare degli adeguati volumi del volto attraverso il riempimento con materiali prelevati dal paziente stesso (autologhi), come nel caso della tecnica del lipofilling, o biocompatibili come nel caso dell’utilizzo di protesi volumetriche
(impianti zigomatici).